La Riforma Cartabia rilancia l’arbitrato come strumento efficiente per le imprese. L’analisi dell’Avv. Marco Nucci su ItaliaOggi Sette per Elexia.
Negli ultimi anni, il settore tecnologico ha vissuto un’evoluzione senza precedenti. L’innovazione digitale, l’intelligenza artificiale e le nuove frontiere della ricerca applicata hanno favorito la nascita di un numero crescente di iniziative imprenditoriali, molte delle quali promosse da startup e piccole imprese ad alto potenziale. Queste realtà rappresentano oggi un’interessante opportunità di investimento per soggetti privati e famiglie che desiderano diversificare il proprio portafoglio e contribuire allo sviluppo dell’economia dell’innovazione.
Investire in società tecnologiche non quotate, attraverso strumenti come il venture capital, i club deal o il private equity, consente di partecipare attivamente alla crescita di progetti innovativi, sostenendo l’imprenditorialità e accedendo a potenziali rendimenti superiori rispetto ai mercati tradizionali. Tuttavia, si tratta di operazioni complesse, che richiedono un’attenta valutazione dei progetti e una solida pianificazione finanziaria e legale.
Le iniziative tecnologiche si caratterizzano spesso per un flusso di cassa inizialmente negativo e per la necessità di sostenere investimenti significativi in ricerca e sviluppo, in assenza di ricavi immediati. Ciò comporta difficoltà di accesso al credito bancario e rende essenziale il ricorso a capitali di rischio. La complessità aumenta se si considera la necessità di bilanciare, da un lato, la tutela degli investitori e, dall’altro, il mantenimento del controllo imprenditoriale da parte dei fondatori.
In questo contesto, il ruolo dell’advisor è determinante. Un consulente esperto è in grado di analizzare gli scenari economico-finanziari, predisporre piani industriali coerenti e sostenibili, e individuare la struttura giuridica e fiscale più adatta all’operazione. L’obiettivo è creare un equilibrio tra l’esigenza di raccogliere capitale e la necessità di garantire una governance trasparente ed efficiente.
La partecipazione all’iniziativa può avvenire attraverso diversi strumenti, come l’acquisto di strumenti finanziari partecipativi convertibili in quote o azioni della società target, la sottoscrizione diretta di quote del capitale o, in alcuni casi, tramite piattaforme di crowdfunding. In ogni scenario, la finalità rimane la stessa: valorizzare il progetto imprenditoriale e generare, nel medio-lungo periodo, un ritorno economico sostenibile, anche in vista di possibili strategie di uscita, quali la cessione delle partecipazioni o la quotazione su mercati regolamentati.
In Elexia accompagnamo gli investitori, imprenditori e family office lungo tutto il percorso di investimento, fornendo un supporto integrato in ambito giuridico, fiscale e finanziario. L’esperienza interdisciplinare del nostro team consente infatti di affiancare i clienti nella valutazione delle opportunità, nella strutturazione delle operazioni e nella definizione di strategie di governance e tutela degli investitori.
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Leggi di seguito, il commento integrale a cura del dott. Alberto Di Fresco.
Investire in tecnologia tramite una partecipazione ad una iniziativa di private market. Come un soggetto private o una famiglia può investire nel settore tecnologico (società non quotate) attraverso ad esempio Venture Capital, Club deal, Private Equity
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un proliferare di nuove iniziative imprenditoriali, nel settore delle nuove tecnologie, dalle più svariate caratteristiche e dimensioni e che possono ricondursi, in sintesi, a due ambiti: quello dei progetti attivati ed implementati dai principali players prevalentemente internazionali (Apple, Meta, OpenAI, NVIDIA, Amazon, Microsoft ecc.) e quello dei progetti attivati ed implementati da uno o più piccoli imprenditori. In entrambi i casi, partiamo dal presupposto che tali operazioni vengano svolte per il tramite di un veicolo societario, tipicamente una società di capitali.
Nel primo caso, non vi sono, ovviamente, problematiche connesse al financing e raramente le aziende promotrici si sono rese disponibili ad aprire il capitale a soggetti terzi se non agli ideatori del progetto. Per tale motivo, esse non rientrano nell’ambito di interesse del presente contributo.
Al contrario, le iniziative sorte da idee di uno o più piccoli imprenditori sono quelle su cui si concentra questo contributo.
Escludiamo anche l’ipotesi di investimento attraverso un Organismo di Investimento Collettivo del Risparmio (OICR), che raccoglie risorse tramite l’emissione di quote, più comunemente conosciuti con Fondi Comuni di Investimento mobiliare, gestiti da SGR (Società di Gestione del Risparmio), soggette alla vigilanza della Consob e della Banca d’Italia.
Ciò che caratterizza generalmente i progetti nel settore delle nuove tecnologie è la presenza, una prima fase, più meno lunga, di un cash flow negativo in cui è necessario, in assenza di ricavi, effettuare investimenti significativi (espressi in prevalenza, nel bilancio del veicolo societario che la pone in essere, nella voce delle immobilizzazioni immateriali) e ciò comporta la necessità di acquisire notevoli risorse finanziarie non rimborsabili nel breve periodo e, di conseguenza, soprattutto nel mercato italiano, l’impossibilità di accedere al credito bancario.
A ciò si aggiunga la complessità della valutazione, da un punto di vista finanziario e tecnico della bontà del progetto in termini di ritorni di valore dell’investimento e della validità tecnica del progetto stesso. È opportuno precisare peraltro che, tale ultima circostanza, non è sufficiente, da sola, a garantire il buon esito dell’investimento in quanto, pure in presenza di un prodotto tecnicamente valido, è necessario impostare una struttura finanziaria adeguata che consenta di sostenere il rimborso dei debiti contratti nella prima fase di assorbimento della cassa.
In tale contesto, l’imprenditore avrà tutto l’interesse a raccogliere capitali di rischio o ad essi assimilabili ma, ancora prima, deve essere affiancato da un advisor finanziario che svolga un ruolo essenziale nell’analisi degli scenari economico finanziari, predisponendo budget e piani industriali che, con la massima precisione possibile, individuino le dinamiche finanziarie dell’operazione.
Spesso dovrà essere messa a punto una struttura giuridica e finanziaria che consenta di raccogliere i capitali necessari senza sottrarre all’imprenditore un ruolo centrale nelle decisioni strategiche e di mercato, prevedendo tuttavia meccanismi di tutela degli investitori che immettono capitali nelle società.
Considerate le circostanze sopra esposte, si è sempre più diffusa la prassi che prevede un primo screening, svolto dagli advisors o da diversi soggetti operanti nel settore finanziario (tipicamente le SGR e le banche di investimento), delle diverse soluzioni di investimento proposte, tra le quali selezionano quelle ritenute più meritevoli e più attinenti ai diversi interessi e caratteristiche degli investitori (in termini di size, di tempistiche e modalità di ritorno dell’investimento, di collocazione geografica, di fase embrionale o più avanzata, ecc.). Esula dallo scopo di questo lavoro un approfondimento dei contest in cui gli investitori possono presentarsi ai potenziali investitori.
Una volta effettuata una prima selezione, assume rilievo la figura del così detto lead investor che, da una parte, si fa carico di svolgere, anche attraverso dei professionisti esperti in materia, le opportune due diligence finanziarie, legali e fiscali; d’altra parte, può svolgere un ruolo rilevante nel coinvolgimento di altri soggetti finanziatori.
Una volta concluse le attività preliminari, viene messa a punto la struttura giuridica che prevede, tra l’altro, la natura, e l’importo degli strumenti finanziari che gli investitori privati possono acquistare per partecipare all’iniziativa imprenditoriale. Solitamente si ricorre agli strumenti finanziari partecipativi che non prevedono, per la target, un rimborso né un esborso connesso al pagamento di interessi passivi e la cui naturale estinzione è spesso connessa ad una conversione in azioni o quote rappresentative del capitale; in alternativa, vengono sottoscritte direttamente quote del capitale sociale della target. In entrambi i casi, l’obiettivo è quello di vendere i titoli rappresentativi del capitale realizzando una plusvalenza, prevedendo anche l’ipotesi della quotazione in mercati regolamentati anche se l’esperienza recedente indica sempre meno diffusa tale modalità di exit.
Le soluzioni più frequentemente adottate sono sostanzialmente due, ossia i) una piattaforma di crowdfunding che raccoglie i capitali e li investe direttamente nella target, ovvero ii) una holding, detenuta da diversi investitori, persone fisiche o giuridiche, che, a sua volta, investe nella target.
Nel primo caso, i soggetti che svolgono attività di crowdfunding propongono alcune alternative di investimento in Venture Capital tra le quali è possibile scegliere quelle di maggiore interesse, usando piattaforme online specializzate ovvero altre modalità di contatti diretti. In questo caso, è spesso possibile investire somme contenute. Tali soggetti seguono direttamente le sorti delle società target fornendo un’informativa periodica agli investitori, fino all’exit.
Nel secondo caso, gli advisor finanziari e le banche di investimento, dopo avere raccolto l’interesse, per un importo minimo prefissato, degli investitori, che costituiscono un club deal, mettono a punto, con il supporto di un professionista esterno, tipicamente un commercialista, la costituzione di un veicolo societario, del quale i vari soggetti sottoscrivono quote di capitale sociale e che, a sua volta, sottoscrive gli accordi con la società target in cui investe. Gli investitori ricevono informative periodiche e partecipano alle assemblee della società veicolo, in attesa dell’exit. In tal caso è spesso richiesto un importo minimo dell’investimento, solitamente stabilito in 100-150 mila euro.
In entrambi i casi gli investitori, che seguono le scelte del lead investor di cui si è detto prima, si fanno carico dei costi accessori (riferiti prevalentemente alle consulenze ed agli oneri di gestione dei veicoli societari) che, espressi in termini percentuali rispetto all’investimento, solitamente variano tra il 10% ed il 15% anche in funzione della durata.
Entrambe le ipotesi descritte sono modalità valide ed interessanti che consentono agli investitori di diversificare i propri portafogli investendo direttamente nelle società che sviluppano un progetto innovativo, sostenendo solamente una parte dei costi accessori che tali investimenti richiedono, assumendo un rischio che, seppure sia elevato, è mitigato dalle verifiche preliminari e dai controlli periodici svolti da un team di esperti.
In sintesi, le due modalità descritte si pongono a metà tra l’acquisizione di quote di fondi comuni, ove gli investitori non hanno alcun rapporto e non ricevono informazioni dalle società target, e l’intervento diretto in autonomia nelle società target che, tuttavia, a causa dei costi e delle competenze richieste, non contempla verifiche preliminari e controlli periodici.
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